di Luca Oliver, Presidente ACLI trentine
A causa degli effetti della pandemia, nel secondo trimestre del 2020 i dati economici nazionali ed internazionali hanno registrato ribassi e contrazioni paragonabili a quelli registrati durante la seconda guerra mondiale. Solo per citare i numeri più eclatanti, riferiti alla situazione italiana, preme evidenziare come il PIL si sia ridotto del 17,3% (media UE –11,9%), il tasso di disoccupazione è passato dal 5,2% di febbraio all’8,4% di maggio (+ 61%), il reddito di emergenza in poco più di due mesi è stato assegnato a 300.000 cittadini, mentre i “bonus Covid” sono stati richiesti da ben 4 milioni di partite iva.
Questi numeri ci fanno comprendere come oltre agli aspetti sanitari, evidentemente prioritari, questa crisi ha già causato pesanti conseguenze all’intero sistema socio-economico di tutti i paesi colpiti. In questo contesto è evidente la necessità di mettere ben a fuoco le priorità che devono guidare l’azione politica in uno scenario che necessariamente sarà caratterizzato dall’aggravamento del debito pubblico, da un calo generalizzato dei consumi e della capacità di investimento di cittadini ed imprese.
Come ci ha recentemente ricordato Mario Draghi pensare e progettare il futuro, in un contesto come quello attuale, può essere fatto in modo costruttivo a patto che si intenda, saggiamente e con ingegno, coltivare “la speranza”. “La società nel suo complesso non può accettare un mondo senza speranza, ha affermato l’ex Presidente della BCE, ma deve, raccolte tutte le proprie energie e ritrovato un comune sentire, cercare la strada della ricostruzione”. Una ricostruzione poi che deve inevitabilmente avere come obiettivo “una crescita che rispetti l’ambiente e che non umili la persona”.
E di “speranza” parla anche l’economista Stefano Zamagni il quale sempre in riferimento alla fase di ricostruzione che ci aspetta afferma che “la possibilità è sempre la combinazione di due elementi: le opportunità e la speranza. È sbagliato pensare che perché qualcosa possa realizzarsi sia necessario intervenire solamente sul lato delle opportunità, cioè delle risorse e degli incentivi. Occorre piuttosto insistere sull’elemento della speranza, che non è mai utopia. Essa si alimenta con la creatività dell’intelligenza politica e con la purezza della passione civile. È la speranza che sprona all’azione e all’intraprendere, perché chi è capace di sperare è anche chi è capace di agire per vincere la paralizzante apatia dell’esistente.”
Alimentare la politica di “speranze” vuol dire smettere di gestire solo l’ordinario e di amministrare, per dedicarsi all’analisi degli scenari del futuro, investendo sulla costruzione di modelli in grado di incentivare lo sviluppo personale e collettivo, favorendo le progettualità che garantiscano maggiore inclusione. La pandemia infatti ci ha mostrato ancora una volta i limiti di una società che cerca e crea differenze, che concentra la ricchezza su pochi e che nella frammentazione sperpera opportunità e risorse.
Papa Francesco sostiene con fermezza che sarebbe uno scandalo se l’assistenza economica messa in campo dai governi andasse a sostegno di “industrie che non contribuiscono all’inclusione degli esclusi, alla promozione degli ultimi, al bene comune o alla cura del creato”. Devono essere proprio questi “criteri” invece, quelli da utilizzare per discernere, in modo da concentrare gli aiuti solo sui soggetti “virtuosi”, favorendo in tal modo una trasformazione della società in direzione dell’equità. Sostiene ancora Papa Francesco che è proprio questo il momento per agire “per guarire le epidemie provocate da piccoli virus invisibili, e per guarire quelle provocate dalle grandi e visibili ingiustizie sociali”.
Tra le tante disuguaglianza e fragilità una priorità è sicuramente quella che riguarda le giovani generazioni. Già in difficoltà prima dell’emergenza Covid, fiaccati dai bassi tassi di occupazione e dalla precarietà, i giovani sono quelli che necessariamente si troveranno a fare i conti anche con le ulteriori incertezze che questa crisi ha causato e causerà. Oltre alle problematiche economiche e finanziarie di cui i ragazzi di oggi dovranno farsi carico più di tutti, si aggiungono le criticità che hanno interessato la scuola e, più in generale, la formazione. Nonostante la situazione estremante difficile, quindi, è urgente un investimento straordinario di intelligenze e di risorse finanziarie dedicato proprio ai giovani ed alla loro istruzione. Progettare il futuro dando priorità ai giovani implica certamente una visione di lungo periodo, ma anche azioni immediate in grado di predisporre le condizioni concrete affinché la visione possa realizzarsi.
Consapevoli del contesto e con l’obiettivo di elaborare un nostro contributo sui temi prioritari sopra descritti le ACLI trentine, come da indicazioni nazionali, sono in procinto di riprendere il proprio percorso congressuale che oggi vuole e deve essere soprattutto un’occasione per mettere meglio a fuoco i ruoli cruciali che la nostra associazione può assumere per essere utile alla costruzione di una società più resiliente e, quindi, in grado di generare “speranza”.