Libertà è partecipazione

Dall’Editoriale pubblicato sul periodico Acli Trentine

In Italia l’affluenza alle urne per le elezioni politiche del 2022 ha fatto registrare il dato più basso della storia della nostra repubblica. Hanno votato infatti il 63,78% degli Italiani, contro il 72,9% che aveva votato alle politiche del 2018. A partire dal 2013 quello del “non voto” è costantemente il “primo partito” del nostro pese. L’Italia non è, purtroppo, peculiare nel delineare questo trend. Negli ultimi decenni la partecipazione al voto è infatti diminuita in quasi tutte le democrazie del mondo occidentale, con una brusca caduta dalla fine degli anni ‘80 ed un dato generale che oggi si attesta su una partecipazione al voto di circa il 65% degli aventi diritto.

La nostra Provincia non è affatto “autonoma” in questo scenario. Nel 2022 alle politiche hanno votato il 66% dei trentini, contro il 74% del 2018. Ma il dato credo più allarmante è quello riferito alle elezioni provinciali che non sembrano in grado di generare alcuna inversione di tendenza. Se nel 2008, infatti, i votanti furono il 73,13%, nel 2018 si ridussero al 64,05%. Le previsioni per le prossime elezioni provinciali sono disastrose, riducendo i partecipanti al voto ad 55%.

Ulteriore elemento da considerare è il dato riferito alle classi di età. Se tra i 55 ed i 64 anni, alle politiche del 2022 gli astenuti sono stati il 32%, nei giovani di età compresa tra 18 e 34 anni, coloro che hanno deciso di non recarsi alle urne sono stati ben il 40%.

Come detto il fenomeno è molto diffuso e le ragioni sembrano connesse con una generale sfiducia dei cittadini nella capacità della politica di affrontare e risolvere i problemi che li affliggono. Significativo quanto autorevole il commento al rapporto commissionato su questo tema dal Governo Draghi, nel quale si scriveva: “A fronte di questa vera e propria malattia della democrazia, desta stupore l’attenzione che viene dedicata al tema dalle forze politiche e dai media, che ne discutono quasi solo nell’imminenza delle consultazioni elettorali. Di astensionismo si parla in genere solo nei pochi giorni prima di un voto e in quelli immediatamente successivi. Ma tra un’elezione e l’altra, quando le istituzioni avrebbero tempo di adottare misure concrete, la questione, come un fiume carsico, si inabissa nuovamente ed esce dalle agende politiche”.

A tal proposito voglio concludere questo editoriale ricordando come le radici della democrazia della nostra terra, siano davvero profonde. Carte di regola, usi civici e comunità rurali oltre ad essere un vanto per il nostro territorio, in quanto tra i primi esempi di autoregolamentazione e autogoverno, possono oggi venirci ancora in aiuto per rendere più visibili gli aspetti più significativi dell’impegno civico. In particolare mi piace evidenziare come fino alla fine del ‘700, prima dell’avvento dei Comuni, l’amministrazione delle comunità era affidata ai Vicini, i quali annualmente si riunivano per stabilire a chi toccava la responsabilità di governare (la Sindacaria), secondo la regola del “rotol”. Il “rotol” era l’elenco comprendente i nominativi di tutti i Vicini aventi il titolo ed il dovere di rivestire a turno, per nomina o elezione, le varie cariche previste dalla comunità. La carica durava un anno ed alla fine il Sindaco incaricato doveva rispondere delle entrate e delle uscite e risarcire la comunità delle spese non giustificate. Ripartiamo da qui, dalla nostra storia, per rilanciare le ragioni più profonde della responsabilità del governo della propria comunità. Essa, infatti, non può essere appannaggio di pochi ma deve necessariamente essere vissuta come un obbligo morale per ciascun elettore. Le urne sono ancora il luogo della democrazia!