Sanità: uscire dall'emergenza, ascoltare gli operatori, programmare il futuro

07 Gennaio 2022

Il nuovo anno ci ha visti ripiombare in una nuova emergenza sanitaria a causa dell’ennesima variante Covid. In due anni quattro ondate di contagi hanno messo a dura prova il sistema sanitario nazionale e quello provinciale. Ospedali e terapie intensive pericolosamente intasati, contagi inesorabilmente in crescita, vaccinazioni che, nonostante gli sforzi messi in atto, stentano ancora ad imporsi. 

Ci chiediamo, ma come è possibile che in due anni di pandemia il sistema sanitario sia sempre in affanno, sempre sottoposto ad uno stress da “urgenza”, sempre con una organizzazione insufficiente, poco previdente, con personale costretto a turni massacranti, al limite della resistenza umana.

Come è possibile che il sistema sanitario sia continuamente sottoposto ad una azione di “tampone” dell’emergenza, senza venire mai dotato di strumenti adeguati ad affrontare con un minimo di programmazione gli eventi peraltro conosciuti e prevedibili.

Come è possibile che si proceda ancora attraverso la cancellazione di servizi e di unità operative presenti in ospedale, come la Pneumologia di Trento, per “recuperare” personale da destinare alle terapie semintensive.

Come è possibile che alla quarta ondata si debbano ancora bloccare le visite specialistiche, i ricoveri, i controlli diagnostici, sottoponendo il cittadino a estenuanti attese, a dover subire lo slittamento temporale di interventi terapeutici programmati per patologie complesse e gravi. Che reparti cruciali come Anestesia, Rianimazione e Terapia intensiva siano privi del primario da anni e che nei Pronto soccorsi periferici (vedi Ospedale di Cavalese) manchi il personale medico per garantire almeno la necessaria turnazione. E ancora, come è possibile che fra una ondata e l’altra non sia stato elaborato un piano in grado di far tesoro dell’esperienza e di ricostruire una programmazione in grado di evitare la soppressione di attività ospedaliere di primaria importanza per recuperare posti letto e personale da dedicare ai soli malati Covid.

I cittadini affetti da patologie gravi, “non Covid”, non possono essere continuamente sottoposti a ritardi nelle prestazioni necessarie e programmate a causa di una cronica incapacità di predisporre risposte adeguate ad una pandemia, che, nonostante le vaccinazioni, continuerà per molto tempo ad essere presente.

In questa situazione è inoltre aumentato in modo considerevole il ricorso alle prestazioni private a pagamento facendo emergere la pesante disparità sociale fra coloro che possono accedere alle cure private e coloro che non se le possono permettere. 

In tutto questo rincorrere le emergenze la Politica provinciale dov’è? Si ha l’impressione che la Giunta provinciale sia latitante, in grado solo di rincorrere i problemi anziché gestirli con lungimiranza.

L’Autonomia ha bisogno di essere governata non di essere soltanto amministrata.

Tante, troppe situazioni stanno generando disfunzionalità nel sistema sanitario provinciale con gravi ripercussioni sui percorsi di cura e di intervento a favore di cittadini in difficoltà e con salute precaria. Tale stato rischia di pesare in modo intollerabile sulle persone fragili, anziane e spesso sole.

Il personale sanitario da lunghi mesi è sottoposto ad un carico di lavoro massacrante. Non meraviglia pertanto che qualcuno non resista e getti la spugna, mentre va ribadito che gli spostamenti tra reparti per tamponare momentaneamente le situazioni più critiche non sono la soluzione.

In conclusione ribadiamo pertanto la necessità di avviare, da subito, un percorso di elaborazione delle nuove politiche sanitarie a partire dall’ascolto di coloro, che, più di tutti, hanno il polso della situazione: i professionisti sanitari. 

 

Claudio Barbacovi, Segretario provinciale FAP (Federazione Anziani e Pensionati) Acli trentine

Luca Oliver, Presidente Acli trentine